Sono scomparsa e va bene così


Issue #01

Premessa:
ciò che scrivo in LETTERA K non ha l’intenzione di essere informativo o divulgativo. Queste pagine sono il risultato di elaborazioni personali e lo specchio di ragionamenti che ad alcunx possono risultare banali o sbagliati.
Allo stesso tempo Lettera K è la controparte del mio lavoro tra fumetti e arte sequenziale, non vuole essere altro. Prendetele così, come una modalità diversa di esprimersi sul web: lenta, senza filtri, chirurgica e personale.


Poco più di un anno fa ho concluso il mio primo fumetto lungo, dopo mesi di lavoro intenso ed estenuante. Dopo essermi laureata è arrivato il burnout, l’incapacità di rimettermi davanti a un foglio bianco senza sudare ed essere pervasa da dubbi, completamente pietrificata.

Incapace di disegnare pian piano mi sono allontanata dalle piattaforme, dal mezzo principale con cui ho sempre mostrato agli altri (ma poi a quali altri?) gli scarabocchi, i pensieri e i fumetti.

Certo, giro da anni nei festival di autoproduzione e negli spazi liberati e non ho mai ritenuto i social lo spazio principale della mia “azione” e partecipazione ma negli anni non sono mai riuscita a rinunciarci. La confortante illusione dell’ineluttabilità dei social network nel mondo dell’arte visiva è una piovra mutante attaccata al tuo cervello, un parassita da cui è impossibile liberarsi.

Da quel momento ho iniziato a ripensare al rapporto con la mia presenza/assenza sul web. Un rapporto che si districa dal “privato” (cercare notizie, chattare, ecc.) al “pubblico”, l’alter ego digitale o la convinzione di esistere solo se esisti anche su un social network.

Ho realizzato che essere sempre più connessa non mi rende sempre più libera, anzi mi tramuta perennemente in una merce. Divengo un data provider vivente con un salario composto solo dalla convinzione che tutti i servizi usati gratuitamente non richiedano niente in cambio.

Qualsiasi servizio, server o software online gratuito non è necessariamente libero e open, anzi al contrario, nello specifico quando si parla dei GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft) o i BATX, i loro alter-ego dall’altro lato del pacifico (i giganti cinesi: Baiu, Alibaba, Tencent e Xiaomi).

Quando scegli di utilizzare dei sistemi gratuiti dei moloch dell’impero digitale acconsenti a un contratto impari, a uno scambio che favorirà sempre chi ha il monopolio dei mezzi.

Recidere i rapporti con i prodotti e i servizi di queste aziende da un parte apre la possibilità di riappropriarsi della propria libertà digitale (privacy) e di riappropriarsi dei mezzi (lotta all’automatismo forzato e rivendicazione di una conoscenza collettiva), dall’altra le attacca direttamente attraverso il boicottaggio.
Le GAFAM sono infatti i capi saldi sia dal punto finanziario che tecnico dello sviluppo dell’industria bellica, nello specifico sul versante dell’IA, collaborando direttamente con lo stato genocida di Israele.

Per cambiare approccio al nostro utilizzo della rete non serve essere un hacker (o acaro), allo stesso tempo questo mutamento non è solo una scelta ma un percorso, spesso difficile e complesso e che è sempre soggetto a compromessi. È anche vero che non siamo costretti a farlo da soli, come individualità. La sottocultura hacker ha sempre avuto il grande pregio di mettere al primo posto l’approccio del DIWO (Do it with others) piuttosto che solamente del DIY (Do it yourself).
Se la presa di coscienza deve essere individuale, la cassetta degli attrezzi con cui costruire un’alternativa si può riempire con l’aiuto di altri. Il nemico è immenso, sarebbe paradossale pensare di colpirlo da soli.

È vero, mi sono allontana dall’utilizzo dei social perché sono andata in burnout ma ho continuato a starne lontana a seguito di queste riflessioni.

Non smetterò completamente di esistere sui social network proprietari ma cambierò il modo in cui li attraverso, dando priorità ad altre forme e spazi.


Detto questo se volete leggere e vedere qualcosa fatto da me mi troverete qui! La newsletter infatti è una forma diversa di comunicazione che non mi isola totalmente ma resiste alla condivisione maniacale. Scrivo, prendo i miei spazi e libero il mio tempo.

Un altro passo che vorrei fare sarebbe lasciare substack che è il sito usato per questa mailing list e passare a Listmonk, un open source. Questo è un altro obbiettivo futuro per ora!
Ci vediamo tra due settimane, o un mese se va male, con la prossima lettera (riguarderà aggiornamenti su progetti personali in corso e un annuncio esplosivo).

P.S.: avrei voluto esplicare meglio delle opzioni alternative ma servirebbe una tesi di laurea per spiegare tutto, per questo vi lascio scritti e siti redatti da persone più competenti e sul pezzo di me!


LETTURE CONSIGLIATE:

• Instagram? No, gràcies.
• La RAP i les seves mesures
• LIBERARE IL MIO SMARTPHONE PER LIBERARE ME STESSO
• Tutto il sito di Hacklabbo e l’archivio di Hack or Di(y/e)

DOVE TROVARMI:

• Mastodon: @mpunxo
• Sito noblogs: https://martapunxo.noblogs.org/
• Telegram (non è più quello di una volta ma almeno ha una timeline cronologica e non soggetta ad un algoritmo): https://t.me/infopunxo